Da 31 anni vivo Italia. Ed eccomi qua, davanti l’ennesima beffa che fa scomparire tutti i miei anni di lavoro come cantante per un errore informatico. Ho scoperto che i miei contributi per la previdenza sociale come lavoratrice nello spettacolo non risultano nel mio estratto conto del INPS ci sono solo i pochi lavori subordinati che ho svolto in passato. Nel bel mezzo della pandemia del corona virus sono scomparsa per lo Stato sia come cantante sia come imprenditrice. Lo Stato non mi comporta, non mi vede e non mi contempla.
Dopo aver constatato che la musica non mi dava da vivere, mi sono cercata un altro mezzo di sopravvivenza: Mi sono iscritta nella Camera del Commercio di Venezia come Bed & Breakfast.
Per 5 anni ho dato dignità al mio lavoro di cantante attraverso il mio secondo lavoravo e così sono diventata, come la maggior parte dei musicisti che conosco, una dopolavorista. Questo termine odioso – dopolavorista – vieni spesso usato in maniera peggiorativa tra di noi colleghi musicisti quando ci confrontiamo con altri musicisti che non vivono solo di musica. Ma vale ricordare che un musicista è di per sé un dopolavorista. Svolgiamo mille attività come insegnare, registrare, produrre, oltre a quella di suonare o interpretare un brano. Ci sono quelli che lavorano in fabbrica, nel commercio, nei negozi, negli uffici e questi sono considerati i dopolavoristi dei dopolavoristi. Insomma, l’ennesima guerra dei poveri! Ma questo è un paese dove fare musica non viene mai considerato un lavoro vero e invece di fare la guerra tra di noi poveretti, forse dobbiamo prendere la palla al balzo e sistemare e tutelare la nostra categoria.
Ho potuto avere un po’ più di tranquillità economica svolgendo il lavoro di operatrice del turismo. Così ho potuto scegliere con cura dove e quando cantare. Ma sfortuna vuole che con la emergenza Covid-19 ambedue lavori siano saltati in aria! Quelli come me che hanno aperto l’attività di B&B con il Codice Fiscale non esistono e musicisti che non sono riusciti a fare almeno 7 giornate contributive, neanche. E allora che fare? Secondo me l’unica è lottare per i propri diritti perché alla fine dei conti voglio che vengano riconosciuti i miei diritti di lavoratrici e non solo i miei doveri. Ma sicuramente, perderò un sacco del mio tempo prezioso, come succede già, con le carte, telefonate e richieste di chiarimenti. Basterebbe soltanto che trovassero tutte le tasse che ho pagato e la faccenda era risolta. Ma nel paese della Olivetti, l’informatizzazione non è un forte!
Mi ricordo quando ho fatto domanda per la cittadinanza italiana. Sono arrivata nel 1989 e allora bastavano 5 anni di residenza in Italia per fare tale richiesta. Ma quando stavo per maturare i 5 anni, la legge cambiò. Servivano 10 anni e non più 5 anni. Poi quando sono arrivata ai 10 anni, ho scoperto che le questure avevano smarrito 2 anni della mia esistenza in Italia, quindi ho dovuto aspettare altri 2 anni. Vado al Comune di Venezia a chiedere la mia cittadinanza dopo i benedetti 12 anni e mi consigliano di sbrigarmi a sposare il mio compagno perché altrimenti non mi avrebbero dato la cittadinanza. Infatti, la crudele legge Bossi-Fini era in agguato. Ma era anche una questioni economica,. Se sei ricco te la danno subito la cittadinanza, ma se sei povero, gli anni maturati di residenza non ti bastano mai! Dopo 3 anni di matrimonio, ho potuto rinnovare la mia richiesta e finalmente lo Stato, dopo altri 6 mesi, mi dichiarò cittadina italiana. Ci sono voluti più di 16 anni! Le storie di immigrazioni non sono mai facili. La mia è andata bene, tutto sommato anche se ho dovuto aspettare parecchio, sposarmi e fare buon viso a cattivo gioco quando lo Stato ha perso il mio fascicolo di 2 anni di vita in Italia. Ma quando è che smetteremo di fare tutta questa fatica?
Io sono in Italia da 32 anni. Ho aspettato 11 anni per avere una risposta negativa alla mia richiesta di cittadinanza. La motivazione? Mio reddito non é abbastanza per mantenere anche mio marito. Ma quale marito? Sono separata da 23 anni.
E anche qui una perdita di tempo e soldi. Ancora oggi non ho la cittadinanza.
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